La storia dell’uomo ci insegna che lo sviluppo dell’umanità è legato al modo in cui affrontiamo il problema della ricerca di cibo. La carne è sempre stata un alimento importante, con un significato culturale e sociale, ma in passato “privilegio” delle categorie più ricche. Questo andamento è radicalmente cambiato nell’età moderna, probabilmente a causa dell’aumento della popolazione e dei redditi nei paesi in via di sviluppo.
Sono quindi in atto sfide per la produzione e la sicurezza alimentare e nasce il bisogno di trovare alternative alla carne per soddisfare la domanda crescente. Inoltre, le preoccupazioni legate alla sicurezza alimentare e alla trasmissione di malattie attraverso il cibo hanno aumentato il desiderio di alternative alla carne convenzionale.
Una delle nuove fonti di proteine simili alla carne convenzionale è la carne coltivata. Questa viene prodotta sviluppando in laboratorio cellule staminali prelevate dal muscolo di un animale vivo.
La carne coltivata viene spesso inappropriatamente definita “sintetica”, evocando con questo termine una elaborazione artificiale che avviene al di fuori di un organismo, ma non si tratta proprio di questo.
Con lo stesso ragionamento, bisognerebbe a questo punto definire anche la birra o lo yoghurt degli alimenti sintetici perchè anche loro vengono prodotti con lo stesso “strumento” della carne coltivata, il bioreattore.
La produzione della carne coltivata è un processo che fa parte dell’agricoltura cellulare, dove vengono utilizzate tecniche di coltura per produrre alimenti senza uccidere animali. Essendo però una forma di biotecnologia alimentare, solleva questioni morali ed etiche.
Attualmente, il metodo più efficiente per coltivare la carne utilizza un plasma di origine animale che include il siero bovino fetale. Tuttavia, il processo di produzione della carne coltivata non è ancora pronto per la produzione su larga scala e ci sono sfide tecnologiche da affrontare.
È anche importante controllare la crescita della carne in vitro e garantire che le cellule staminali siano idonee.
Migliorare questi punti potrà portare a una maggiore fiducia e apertura da parte delle persone nei confronti della carne che non si ottiene uccidendo animali.
Inoltre, per soddisfare i consumatori vegetariani o vegani, si stanno studiando alternative come il siero di alghe o l’alginato capillare gel.
Molti si chiedono se la carne coltivata sia ” artefatta”, criticando la sua “non naturalezza”.
Bisognerebbe provare a riflettere assieme sul fatto che attualmente, per come viene prodotta, la carne che mangiamo non ha niente di naturale.
Le razze di animali che vengono allevate per la produzione di carne sono fenotipi ” selezionati a tavolino”, che non avrebbero speranza di sopravvivere, se fosse messe in cattività.
Per proteggere la salute degli animali e garantire la redditività dell’industria, viene fatto un’ampio e spesso controverso uso di farmaci, ormoni e antibiotici. Questa pratica solleva numerosi interrogativi sulla sostenibilità ambientale e sugli impatti che l’allevamento ha sull’ecosistema. È ineludibile che l’industria della carne abbia una delle maggiori responsabilità per questi impatti, facendoci affrontare un’urgente necessità di gestione e manutenzione degli allevamenti.
Inoltre, sebbene esistano numerosi allevatori corretti e attenti alla salute dell’animale, in molti altri casi, soprattutto negli allevamenti intensivi, si vedono spesso animali sofferenti, confinati in spazi angusti e privati della loro libertà naturale.
Per non parlare del fatto che l’industria alimentare sia anche un grave problema ambientale. Le emissioni di gas serra, l’uso eccessivo del suolo e l’inquinamento delle acque sono solo alcune delle conseguenze dirette di un sistema alimentare inefficiente.
Questo porta sempre più verso una tendenza che sensibilizzi maggiormente l’opinione comune a riconsiderare l’ approccio alla produzione di carne per trovare soluzioni più sostenibili.
Inoltre, non possiamo ignorare il rischio sanitario associato a questa industria. Le malattie zoonotiche, trasmesse dagli animali agli esseri umani, sono una minaccia crescente. La concentrazione di animali in allevamenti intensivi aumenta la probabilità di trasmissione di malattie, mettendo a repentaglio la salute pubblica. La responsabilità della resistenza agli antibiotici, causata dall’uso eccessivo di questi farmaci negli allevamenti, è un ulteriore pericolo che dobbiamo affrontare.
È giunto il momento di affrontare queste sfide in modo coraggioso e innovativo. Dobbiamo trovare soluzioni etiche, ambientalmente sostenibili e sanitarie per l’industria alimentare. La transizione verso un sistema che promuova il benessere animale, riduca l’impatto ambientale e protegga la salute umana richiede un’acuta riflessione di tutti noi.
Il futuro dell’alimentazione dipende dalla nostra capacità di affrontare queste problematiche e di intraprendere azioni concrete.
È ora di adottare una visione più ampia e responsabile, per garantire un futuro in cui l’etica, l’ambiente e la salute siano al centro della produzione alimentare. La scelta è nelle nostre mani e nei nostri carrelli della spesa.