Intervista a Luca Masini, psicologo e psicoterapeuta.

da | 1 Mag, 2023 | Benessere, Personaggi | 0 commenti

Luca Masiini

Anni fa, durante un’intervista, fu chiesto a uno stimato psichiatra della montagna reggiana quali strumenti avesse la scienza moderna, oltre alle terapie convenzionali, per curare le persone affette da patologie mentali. Egli rispose che le risorse, anche minime, nascoste in ogni paziente riemergevano a contatto con la natura e raccontò che a molti di loro consigliava di andare in mezzo ai boschi e di urlare a squarciagola, stancandosi e camminando a lungo fra gli alberi, come se la natura facesse da tramite, assorbendo le negatività e restituendo le energie che sembravano perdute per sempre. Molte persone sono a conoscenza, per esperienza diretta o per aver sentito racconti da altri, di quanto “vivere la montagna” abbia effetti positivi sul nostro organismo, non solo dal punto di vista fisico ma anche psichico. Pochi sanno che esiste una vera e propria disciplina, un approccio metodologico terapeutico che prende il nome di montagnaterapia ed ha come obiettivo la cura di persone con patologie psichiche. La montagna come strumento terapeutico, un concetto apparentemente ovvio, in realtà accoglie una potenzialità immensa, una serie infinita di possibili cure e di riabilitazione per gli esseri umani, sia per quelli affetti da malattie che per chi è in salute o semplicemente stressato dai ritmi frenetici della vita quotidiana.

Dalla pianura agli appennini, in cerca di cura

Siamo nel 2014 e il dottor Luca Masini, carpigiano, dopo la laurea in psicologia e l’abilitazione a psicoterapeuta, inizia a lavorare come tutor in una scuola per ragazzi disagiati. E’ uno sportivo appassionato di basket amatoriale che, ad un certo punto, a causa di un trauma fisico, deve abbandonare il campo da gioco. Un caro amico, dispiaciuto per la sua situazione, gli propone di iniziare a camminare in montagna. Lui, da subito titubante, pensa che il trekking, o meglio quello che era abituato a pensare fosse il trekking, non faccia per lui perché lo considera un’attività “poco adrenalinica”, ma alla fine cede e inizia a seguire l’amico sempre più spesso nei week end in montagna. Dopo alcuni anni, la stessa persona che dubitava della forza della montagna sarà la prima a portare nelle nostre zone la montagnaterapia in maniera organizzata e finalizzata alla cura.

La peculiarità delle attività svolte dal dottor Masini è rappresentata dal fatto che per la prima volta si organizzano veri e propri corsi di montagnaterapia e non ci si limita ad attività dove una guida alpina accompagna un gruppo di persone in montagna, oppure gruppi privati decidono autonomamente di andare a camminare. Con le attività di montagnaterapia ci troviamo di fronte ad un’azione in cui uno psicologo, accompagnato da una guida alpina certificata, propone un percorso a gruppi finalizzato alla cura dei partecipanti tramite la potenza della camminata in montagna e con l’ausilio di attività psicoterapeutiche collaterali, svolte sul momento. Il dottor Masini sottolinea di non esser stato un vero e proprio pioniere, in quanto già da tempo esistevano attività in montagna ma di tipo puramente sportivo, organizzate da enti ufficialmente riconosciuti, come il Club Alpino Italiano, o gruppi privati accompagnati da guide e altre di tipo psicologico, coordinate da parte di colleghi psicoterapeuti, ma limitate nel tempo e nelle modalità.

Le linee guida della montagnaterapia

Affinché la montagnaterapia sia una cura, abbia un senso diverso all’andare in montagna rispetto alle semplici escursioni, il dottor Masini spiega che sono necessarie delle precise linee guida da seguire scrupolosamente che, per essere stilate ed aggiornate continuamente, coinvolgono ogni anno psicologi e psichiatri che si confrontano con esperti di attività in montagna in un vero e proprio convegno, quest’anno appena svoltosi in Sardegna. “La montagna, insieme al gruppo, offrono nuove prospettive che possono modificare i vissuti soggettivi e le modalità di entrare in contatto con l’ambiente circostante, non solo fisico ma anche sociale. Lo scambio di esperienze dei diversi gruppi – racconta il dottor Masini – fornisce continue conferme che l’immersione nella natura e in un gruppo che sostiene consentono di avere tregue dal malessere personale e relazionale, di ridurre le ansie e i pensieri negativi”.

Nelle escursioni la montagna e la guida alpina hanno sempre ragione

“La montagna che mette alla prova, lo stare assieme ad altre persone, in un gruppo solido e solidale, sono strumenti che favoriscono la costruzione del senso di fiducia nell’altro- racconta lo psicologo – e la prima persona alla quale ci si affida è proprio la guida alpina. Con Massimo Ruffini, del gruppo “Guide Alpine la Pietra”, si è creato da subito un bellissimo rapporto, che dura tuttora, fatto di scambi emozionali e di tanta saggezza, soprattutto da parte sua. Stimo molto Massimo: quando molti suoi coetanei si trasferivano in pianura per cercare lavoro, Massimo era già controcorrente e dichiarava che si sarebbe creato un lavoro pur di rimanere in Appennino, e così è stato.”

Massimo Ruffini, una bella storia di ritorno alle origini

Massimo è una delle quattro guide alpine, capitanate da Pietro Barigazzi, che si occupa di mostrare agli appassionati le bellezze della montagna reggiana. Nonostante i genitori siano originari di zone collinari e montane, il padre di Cola di Vetto e la madre di Collagna, Massimo cresce a Reggio Emilia, in seguito al trasferimento della famiglia in pianura per motivi di lavoro. Terminate le scuole superiori, svolge il servizio militare negli alpini in Valle d’Aosta e si consolida in lui la decisione di fare della sua passione, la montagna, un vero e proprio lavoro. Partecipa e vince le selezioni per il corso di Guida Alpina e per cinque anni affina le sue conoscenze, fino a diventare un professionista. Decide così di tornare in Appennino e si trasferisce definitivamente a Collagna.

“ Le opportunità di lavoro c’erano” – ci racconta ora, che ha 35 anni – e ancora ci sono. All’inizio è stato come usare una magnifica lavagna vuota su cui scrivere quello che volevamo, poiché l’Appennino Reggiano era e rimane uno scenario che non ha niente da invidiare ad altri posti più rinomati, ma ancora non viene completamente sfruttato come si potrebbe. L’Appennino si presta a un progetto come quello proposto da Luca Masini, perché ci sono posti e scenari che, oltre alla bellezza, mantengono uno stato di purezza che sbalordisce chiunque non li conosca: molti abitanti della pianura emiliana, ma anche del capoluogo montano non sanno cosa hanno a pochi km di distanza da casa loro”.

“A volte non ci si rende conto che – continua l’appassionata guida alpina – da noi per vivere esperienze fuori dall’ordinario in montagna non è necessario attraversare un casello autostradale, ma basta percorrere strade statali molto vicine, per poi lasciare l’auto e iniziare a battere strade sterrate ed arrivare a scorci della nostra montagna che lasciano senza fiato. Le esperienze vissute con i gruppi guidati assieme a Luca, mettono a contatto ogni persona con sé stessa e le proprie emozioni. Ad una manciata di chilometri da casa si scopre un mondo completamente diverso, dove le sicurezze fittizie scompaiono e ne arrivano di nuove. Non avere campo per la ricezione del telefono cellulare, fare fatica fisicamente e sudare, non sapere con certezza in che direzione si sta andando e affidarsi alla guida e allo psicologo… sono tutte emozioni molto forti che si sperimentano nel corso di una giornata e che restituiscono molto più di quello che si pensi”.

Un salto fuori, un passo dentro

Nasce quindi dalla sinergia fra uno psicologo cognitivo-costruttivista, il dott. Luca Masini e una guida alpina con una profonda formazione e conoscenza del territorio montano reggiano, Massimo Ruffini, il progetto “ Un salto fuori, un passo dentro.” La giornata o le giornate prevedono attività strutturate di gruppo unite a quelle esperienziali di treeking, ciaspolata, arrampicata, torrentismo. In montagna attraverso il cammino ci si focalizza sui propri stati d’animo, sulle mutazioni e sui cambiamenti che avvengono dentro se stessi. Non solo ma la montagna con le sue difficoltà ti porta a contatto con emozioni negative che sempre più spesso l’individuo nega a se stesso e che fatica a riconoscere. In questo laboratorio naturale le forti emozioni, i legami che si creano e le interazioni che la montagna fa emergere permettono all’individuo di sperimentarsi.

La montagna per la cura di malattie psichiche e non solo

La montagnaterapia si rivolge in particolare a coloro che soffrono di disturbi psicologici e patologie mentali e spesso questo tipo di attività è rivolta anche a persone che sviluppano dipendenze.

“Non ultimo – termina di raccontare il dott. Masini – alcuni progetti sono stati rivolti ad individui con patologie anche non psichiatriche, come le persone affette da cardiopatie. Durante la montagnaterapia succede spesso che i partecipanti si lascino andare a momenti di gioia, vedendo come riescono ad affrontare e superare i propri limiti. Con utenti psichiatrici siamo stati al rifugio Monte Orsaro e al Lago Calamone, alle pendici del monte Ventasso nel nostro Appennino. Sono state esperienze che hanno permesso ai partecipanti di mettersi in gioco, superarsi e vivere le proprie emozioni. Personalmente sono stato orgoglioso di aver visto negli occhi di alcuni di loro la gioia nel momento in cui veniva superata una paura ed un proprio limite come ad esempio affrontare la discesa lungo il sentiero che ci ha riportati al rifugio. Il pranzo è stato un momento conviviale e opportunità per entrare in relazione e conoscere le storie di vita di ciascuno. La seconda uscita ha raccontato come il semplice fatto di rivedersi, di abbracciarsi, di riprovarci, sia stata di stimolo perché tutto il gruppo si sentisse parte di qualcosa di speciale e dunque pronto a intraprendere un nuovo cammino”.

Le nostre montagne sono “le grandi cattedrali della terra, con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle”. Varrebbe quindi la pena trattarle come opere d’arte e lasciarsi curare dalla loro bellezza.

Tratto dal Mensile “Tuttomontagna”.