Le aziende partner di Una Montagna di Salute – Alessandro Lo Porto e la sua azienda, “L’orto che non c’è” a Carpineti (RE).

da | 26 Mag, 2023 | Aziende del territorio | 0 commenti

l'orto che non c'è

La prima sensazione che si prova andando a trovare Alessandro, in mezzo alla sua serra e ai campi che coltiva ogni mattina, è quella che lui sia sempre stato lì.

In realtà fino ai trent’anni la sua vita era completamente diversa: nato e cresciuto a Milano, a 19 anni decide di trasferirsi a Londra e lì rimane fino ai 30, facendo vari lavori che lo hanno formato come “giovane uomo d’Europa”.

Londra però gli va stretta e Alessandro inizia a fare delle coraggiose esperienze nel mondo, viaggiando per due anni in Sudamerica, la prima volta in bicicletta da solo, mentre la seconda volta dal Messico al Cile.

Il viaggio lo forma come uomo ma anche come essere umano inserito nel contesto della natura; fa molte esperienze in foreste, campagne, montagne fino a quando arriva la sua personale illuminazione di vita: non avrebbe più voluto vivere in città e si sarebbe per sempre dedicato alla vita di agricoltore.

In realtà, prima di trasferirsi definitivamente a Carpineti, Alessandro ha vissuto un’altra esperienza di vita in Polonia, dove è stato residente per tre anni. Non si trattava di vita di campagna, anzi lavora in un’azienda ma nel contempo, inizia ad occuparsi di un grande orto che gli dà la possibilità di mettere in pratica tutto quello che aveva imparato in giro per il mondo.

“La natura fa quello che vuole – ci dice convinto Alessandro – ma il sistema in cui viene perpetrata l’agricoltura moderna in realtà la condiziona e trasforma a suo piacere, tagliando boschi, arando i campi e togliendo le erbacce per far crescere quello che più è utile da produrre e vendere in quel momento.”

Consapevole di questo, Alessandro ha tentato di cambiare l’agricoltura “forzata” in una modalità rispettosa di quello che lo circonda.

A 35 anni ha deciso di tornare in Italia ma, non avendo più intenzione di vivere nella periferia di Milano, ha iniziato a lavorare con altri ragazzi che curavano orti e consegne a domicilio dei loro prodotti, a Mantova.

In piena pianura padana ha iniziato la sua seconda vita: l’orticoltore.

Mancava ancora un pezzo, perché dopo poco Alessandro si rende conto che la pianura gli va stretta e inizia a cercare posti in montagna in cui lavorare.

Fortunato è stato l’incontro con i ragazzi di “Shanti”, azienda agricola che produce pasta ed altri cibi biologici, in località Beleo di Casina.

Ancora più felice l’incontro con quella che poco dopo diventerà sua moglie, Diletta, carpinetana e da lì la scelta definitiva di mettersi in proprio e di fermarsi in un luogo e farlo diventare la sua dimora, grazie anche all’arrivo, diciassette mesi fa, del piccolo Giovanni.

Alessandro ha così creato un suo orto, una serra e un piccolo frutteto con lamponi e mele. Questo gli ha permesso di autosostenersi, perché lui e la sua famiglia sono i suoi primi clienti e di far crescere e vendere i suoi vegetali, sia freschi che trasformati per essere conservati più a lungo.

Inizia la raccolta di erbe aromatiche, fiori spontanei, frutta e verdura di stagione, perché per lui la stagionalità, così come il nutrirsi esclusivamente di vegetali, è un credo.

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“Sono vegetariano perché penso che nell’ energia presente nella carne ci sia violenza, abusi e sfruttamento. Penso di non avere bisogno di carne per sfamare me stesso e la mia famiglia.

Tutto quello che porto dal mio frutteto ha una bella energia, è positivo, frutto di sole, aria, acqua, vento e di tanta cura. “

Alessandro ha un piccolo motocoltivatore e usa pochissimi macchinari, fa agricoltura in piccola scala e utilizzando i trattamenti essenziali e biologici.

Gli chiediamo da dove derivi il nome della sua azienda, “L’orto che non c’è”.

“Il nome della mia azienda riprende l’isola felice di Peter Pan – ci racconta – un’isola che non c’è, dove il rispetto della natura viene prima di tutto, in mezzo ad un’agricoltura contaminata e sfruttata, industrializzata, anche se qui in montagna siamo ancora fortunati e ci sono sempre più persone che la pensano come me.

Io conosco ogni angolo del mio campo e del mio frutteto.

Mi piace il rapporto con la terra, con le api, con i fiori. Produco e mangio quello che faccio crescere nella maniera più essenziale possibile.

Utilizzo tutto delle verdure che mangio, anche gli scarti e spingo i miei clienti a fare lo stesso: la foglia della rapa rossa è ottima saltata in padella come uno spinacio o una bietola, lo stesso vale per il finocchio, con le cui foglie si possono fare olii aromatizzati e salse.

Gli scarti dei vegetali in generale sono edibili e si prestano anche alla preparazione di brodi vegetali, all’insegna di un ottica anti spreco ma soprattutto della conoscenza del cibo che mettiamo sulla nostra tavola;

il potere del cibo di qualità e biologico è ormai risaputo, perché se mangiamo in maniera sana e rispettosa della natura che ci circonda, non ci avveleniamo e teniamo lontane le malattie più possibile dalla nostra vita.”

Conoscere la storia di Alessandro ci mette di fronte ad un interrogativo: è possibile cambiare un mondo che non ci piace, partendo anche solo, metaforicamente e in questo caso fisicamente, dal “nostro orto”?

Siamo convinti di si.

Alessandro ci dimostra che, cambiando ogni giorno un poco di quello che non apprezziamo attorno a noi, cambiando noi stessi nel nostro piccolo, possiamo fare la differenza anche in una società in cui sembra tutto si sposti su valori che spesso non riconosciamo.