Perché va fatto lo screening dell’epatite C

da | 31 Lug, 2023 | Salute, Scienza e Nutrizione | 0 commenti

Se risiedete in Emilia Romagna e avete un’età compresa tra i 34 ei 54 anni, è probabile che l’anno scorso abbiate ricevuto un invito per partecipare allo screening dell’epatite C mediante un semplice prelievo del sangue. Questa importante iniziativa, originariamente prevista per il 2021, ha subito un ritardo a causa dell’emergenza Covid, ma è stata riprogrammata per l’anno successivo.

Lo screening dell’epatite C è un metodo fondamentale per individuare tempestivamente questa malattia. La sua rilevanza sta nel fatto che la maggior parte delle persone affette da questa patologia cronica non manifesta alcun sintomo evidente o presenta solo sintomi generali, come stanchezza cronica o depressione. Tuttavia, nel corso del tempo, l’infezione può evolvere, dando luogo a malattie gravi, soprattutto a carico del fegato, ma non solo.

Nonostante non sia ancora disponibile un vaccino per prevenire l’epatite C, vi è una buona notizia: da alcuni anni esiste una terapia semplice da assumere, sicura ed estremamente efficace. Grazie a essa, circa il 95% delle persone trattate raggiunge una completa guarigione, eliminando l’infezione.

È essenziale partecipare a questi screening perché consentono di identificare precocemente l’epatite C, offrendo la possibilità di intraprendere tempestivamente la terapia necessaria per contrastare questa patologia. Proteggere la salute del fegato e del corpo in generale è fondamentale, e lo screening è uno strumento di prevenzione cruciale che può contribuire a migliorare la tua qualità di vita e il tuo benessere generale.

Vediamo più approfonditamente cos’è l’epatite C.

Le epatiti virali rappresentano uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel mondo ci sono circa 71 milioni di portatori cronici del virus dell’HCV.

L’infezione da epatite C è causata dal virus dell’epatite C (HCV), un virus a RNA a singolo filamento appartenente alla famiglia Flaviviridae e al genere Hepacivirus. Il principale mezzo di trasmissione dell’HCV è attraverso l’inoculazione diretta del flusso sanguigno.

L’HCV è noto per eludere il sistema immunitario, causando spesso un’epatite cronica che, se non trattata, può portare a fibrosi avanzata e cirrosi.

L’HCV colpisce circa il 3% della popolazione mondiale, equivalente a quasi 200 milioni di casi in tutto il mondo. La sua prevalenza varia geograficamente e alcuni stati hanno dei picchi elevati, per es. l’alto tasso di positività all’HCV in Egitto è stato collegato a campagne passate di trattamento parenterale anti-schistosomiasi con scarsa sterilizzazione dell’ago e trasfusioni di sangue non sicure. In Italia si stima che la prevalenza di epatite C nella popolazione generale sia attorno allo 0,68%. Si tratta di un dato che include anche le persone non ancora diagnosticate, che sarebbero tra le 250 e le 300mila.

La maggior parte dei casi di epatite C acuta è asintomatica, mentre l’epatite C fulminante è molto rara. Gli studi indicano che circa il 75% delle infezioni acute diventano croniche, con una progressione verso la cirrosi in circa il 16% dei pazienti entro 20 anni dall’infezione. I fattori che contribuiscono alla progressione cronica verso la cirrosi includono l’età avanzata, l’HBV concomitante, l’uso continuato di alcol, l’immunosoppressione e la steatosi non alcolica.

La diagnosi dell’epatite C si basa sulle sierologie, con test degli anticorpi dell’HCV seguiti dalla misurazione dell’RNA dell’HCV. Il trattamento dell’HCV è stato rivoluzionato dall’introduzione degli antivirali ad azione diretta (DAA), che hanno portato a tassi di guarigione elevati. Con i trattamenti disponibili, la copertura assicurativa e i costi ridotti, il trattamento dell’HCV è ora accessibile a molte persone nei paesi sviluppati, spingendo verso l’eliminazione globale dell’HCV che richiede comunque sforzi di prevenzione su larga scala, come programmi di iniezione sicura per i consumatori di droghe.

Inoltre, lo sviluppo di un vaccino efficace contro l’HCV sarebbe un vantaggio significativo, ma la ricerca in questo campo è ancora in corso. Per quanto riguarda il trapianto di organi, gli antivirali ad azione diretta hanno reso possibile il trapianto di organi da donatori positivi all’HCV, ampliando il pool di donatori e aumentando l’accessibilità agli organi.

Gli studi dimostrano tassi elevati di successo nel trattamento dell’HCV nei pazienti sottoposti a trapianto di organi da donatori positivi all’HCV.

Non solo problemi al fegato

L’infezione da HCV può causare l’epatite C, ma non si limita solo a coinvolgere il fegato. È un’infezione che colpisce tutto il corpo. Ad esempio, può portare a una condizione chiamata “patologia da crioglobuline”, che provoca problemi importanti, come disturbi della pelle, dei reni e del sistema nervoso periferico.

Inoltre, l’HCV può stimolare il sistema immunitario in modo continuo, aumentando il rischio di sviluppare linfomi. E non è tutto: negli ultimi anni, si è scoperto che questa infezione è anche un fattore di rischio per altre malattie gravi con un forte impatto sociale.

Pensiamo all’aumento dei casi di diabete, malattie cardiovascolari, insufficienza renale e persino depressione nei soggetti HCV-positivi rispetto a quelli HCV-negativi.

È importante sottolineare che queste complicazioni non riguardano solo il fegato, ma possono coinvolgere altre parti del corpo. Inoltre, studi hanno dimostrato che le persone con infezione da HCV hanno il doppio di probabilità di morire per causa non legata al fegato rispetto a coloro che non sono infetti.

In sintesi, l’infezione da HCV va ben oltre l’epatite e può portare a gravi patologie in diverse parti del corpo. È essenziale aumentare la consapevolezza su questa condizione, affinché sia ​​possibile prevenirla e gestirla in modo adeguato. La salute è un bene prezioso, e proteggere il nostro fegato e il nostro corpo è fondamentale per vivere una vita piena e sana.

Come funziona lo screening?

Lo screening avviene su base volontaria e gratuitamente attraverso l’esecuzione di un prelievo di sangue, per il quale non è necessario essere a digiuno.

Sul campione di sangue vengono in un primo momento ricercati anticorpi specifici contro il virus dell’epatite C e successivamente, in caso di positività a questo primo test, sullo stesso campione verrà ricercata la presenza del materiale genetico del virus stesso.

In caso di positività a questa seconda analisi si verrà contattati direttamente dal Centro Specialistico di riferimento locale per la presa in carico del paziente positivo e per concordare l’inizio della terapia antivirale.

Nel caso favorevole dell’esito negativo si riceverà il referto degli esami sostenuti sul proprio Fascicolo Sanitario Elettronico e si uscirà dal percorso di screening.